Sul Monte Bondone un giardino botanico per difendere ed educare

di Costantino Bonomi

Il giardino botanico alpino Viote di Monte Bondone è stato uno dei primi giardini alpini creati in Italia, seguendo l’esempio svizzero e francese di fine ottocento. La peculiarità e l’unicità dell’ambiente trentino e della sua flora stimolò le istituzioni culturali dell’epoca ad adoperarsi per stabilire anche in Trentino un giardino alpino. Per scegliere il luogo più adatto a questo scopo, alla metà degli anni trenta, venne nominata una commissione scientifica composta dalla SAT, dal museo di storia naturale della Venezia Tridentina (il vecchio nome del museo tridentino di scienze naturali, poi divenuto MUSE) e dal direttore della Chanousia, uno degli orti alpini più famosi dell’epoca. Dopo aver esaminato varie possibilità tra cui il passo San Pellegrino e il Dosso Larici sulla Paganella, venne infine scelta la piana delle Viote, perché ben esposta a sud e ricca di acque provenienti dalla vicina torbiera. Fu così che nel 1938 di fronte al rifugio Tambosi a 1540 metri di quota, fu messa a dimora la prima pianta del giardino: il rabarbaro cinese, i cui semi erano stati fatti arrivare direttamente dalla Cina centrale tramite l’università di Padova.

Panoramica (1958)
Panoramica (1958)

Da allora fino ad oggi, senza alcuna interruzione, il giardino è cresciuto e si è ampliato, perseguendo una duplice missione: proteggere la flora alpina, coltivando e moltiplicando le specie più rare del Trentino, ed educare le nuove generazioni alla conoscenza e al rispetto della natura. Una sua caratteristica peculiare, tipica di tutti i giardini alpini, è quella di ospitare gradi aiuole rocciose per simulare l’ambiente delle vette alpine dove le piante formano densi e colorati cuscinetti erbosi appiattiti al suolo per meglio sopravvivere nelle condizioni estreme di alta quota. Questa zona alle Viote costituisce il nucleo centrale del giardino e ha progressivamente raggiunto l’estensione attuale di circa un ettaro all’inizio degli anni sessanta grazie all’infaticabile opera del professor Vittorio Marchesoni che più di ogni altro ha dedicato tempo e fatica allo sviluppo del giardino e la cui effige è posta a perenne ricordo all’ingresso del centro visitatori.

Qualche anno dopo il giardino fu ampliato fino a raggiungere una superficie di 10 ettari, al cui interno negli anni novanta sono stati allestiti un percorso di visita e delle aiuole rocciose periferiche per ospitare la flora delle montagne più remote, quelle Americane e Asiatiche.

Oggi al visitatore il giardino si presenta come un variopinto mosaico di aiuole rocciose, di stagni e di zone umide, di piante alpine, minacciate, officinali, cosmetiche e medicinali, di vecchie varietà di cereali di montagna e piante da orto, di prati e pascoli, di boschetti, di arbusteti, torbiere e prati umidi, per mettere in mostra la grande diversità delle piante e degli usi che l’uomo che fa e ne ha fatto in passato.

Raponzolo di roccia
Raponzolo di roccia

Miglioramenti recenti comprendono un centro didattico costruito nel 2005 per ospitare le attività di educazione ambientale e l’ampliamento dello stagno, tuttora in corso di completamento, con rifacimento dell’argine maestro e posizionamento di una passerella sospesa e di un grande oblò per osservare la vita sommersa.

é in corso di realizzazione anche la progressiva eliminazione di alcuni fitti rimboschimenti ad abete rosso effettuati negli anni settanta che poco hanno di naturale e di biodiverso, ma che si caratterizzano come una monocoltura povera di diversità che il giardino per sua missione di sempre combatte. Al loro posto verranno ricreati habitat prioritari di conservazione così come definiti dalla direttiva Habitat e altre aree boscate rappresentative dei boschi di tutto il mondo, sempre però con un valore aggiunto di tipo conservazionistico: il giardino aderirà all’International Conifer Conservation Programme, che fornisce alberi rappresentativi della diversità genetica delle popolazioni naturali di conifere in pericolo di estinzione.

Uno scorcio del giardino
Uno scorcio del giardino

Dal punto di vista delle piante recentemente sono state messe a dimora oltre 100 specie di rose, principalmente specie botaniche dai fiori e foglie insoliti e raramente presenti nei giardini: ricordiamo Rosa omoiensis f. pteracantha per le distintissime spine decorrenti, vistose e di color rosso. Da menzionare anche l’aggiunta di nuove specie di Meconopsis, i papaveri blù dell’Himalaia di colore anche viola bianco e rosso vinoso. Infine è stato ampliato lo spazio riservato ai cereali di montagna e alle piante coltivate di un tempo per tutelare e mettere in mostra anche la biodiversità agronomica, in collaborazione con Pro Specie Rara, una fondazione svizzera per la diversità socio culturale e genetica dei vegetali.


Per ogni altra informazione su orari di ingresso e tariffe vai al sito del MUSE-Museo delle Scienze di Trento