Le Alpi: tante specie animali, poche conoscenze

di Filippo Zibordi

Nonostante siano una delle catene montuose più densamente popolate e sfruttate al mondo, le Alpi sono ancora scarsamente conosciute, almeno sotto il profilo della biodiversità.

 

Anche solo limitandosi al numero di specie presenti, parametro in teoria facile da misurare benché solo parzialmente rappresentativo della straordinaria diversità della vita, le informazioni a disposizione derivano da stime, più o meno precise in relazione ai gruppi considerati.

Per quanto riguarda il regno animale, solitamente si fa riferimento a “circa” 30.000 specie complessivamente viventi nei 190.000 km2 che compongono l’Arco Alpino.
Un grado di incertezza – lo si comprende bene dai quattro zeri – piuttosto disarmante in ambito scientifico, soprattutto se paragonato alla precisione con cui, per esempio, gli operatori turistici monitorano, qualificano e quantificano, nelle medesime aree, i flussi turistici, conoscendo gusti, provenienza e numero dei visitatori.

La biodiversità animale, presumibilmente più alta della stima sopra riportata, è invece valutata sulla base di proiezioni dei pochi dati di campo a disposizione, che provengono da zone particolarmente “avvantaggiate” – spesso aree protette – in cui si è potuto operare attraverso tecniche di tipo naturalistico.
Ciò vale, in particolare, per gli invertebrati che, pur rappresentando la stragrande maggioranza delle specie viventi (il 95%, secondo alcuni ricercatori) e nonostante il crescente interesse come indicatori biologici, hanno uno scarso “valore sociale” e sono dunque poco studiati. Le uniche stime oggi a disposizione parlano di circa 20.000 specie per l’intero Arco Alpino: esse rappresentano tuttavia delle utili ma poco precise valutazioni, dato che per svariate famiglie di invertebrati alpini non è finora stato possibile ottenere una rappresentazione dell’areale delle specie sufficientemente attendibile per poter stabilire se esso comprende o meno l’area alpina.

Le cose vanno meglio passando ai vertebrati, dove il numero di specie deriva di norma da rilevamenti diretti: sulle Alpi si contano circa 80 specie di pesci, 21 di anfibi e 15 di rettili. Le check list, ovvero l’elenco delle specie segnalate, sono tuttavia spesso compilate sulla base di indagini riferite a ridotti ambiti territoriali e dunque, per la maggioranza dei taxa, le informazioni non forniscono un quadro distributivo esaustivo. Anche nei contesti “di eccellenza” mancano peraltro, di norma, monitoraggi che permettano di conoscere e controllare trend e dinamiche delle popolazioni presenti.

Il panorama è decisamente più completo passando ai mammiferi – circa 80 specie – benché i dati a disposizione siano estremamente difformi tra un taxon e l’altro: insettivori, chirotteri e roditori solo di recente hanno ricevuto l’attenzione necessaria per divenire oggetto di check list regionali, mentre per ungulati e “grandi carnivori” (orso, lupo e lince) si hanno da tempo a disposizione stime numeriche di maggior dettaglio.

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Il quadro delle conoscenze può dirsi infine elevato per gli uccelli: per motivi storici, infatti, a partire dagli anni 70 del secolo scorso hanno preso avvio indagini di campo realizzate con il fine primario di definire la distribuzione e le preferenze ambientali delle specie stanziali, migratrici e nidificanti sulle Alpi. Grazie a questi atlanti biologici (il primo “Atlante degli Uccelli nidificanti delle Alpi italiane” è del 1982) si contano oggi circa 200 specie di uccelli nidificanti, cui si aggiungono circa altrettante specie migratrici.
In questo contesto appare peraltro opportuno sottolineare come, in linea teorica, nemmeno gli atlanti debbano essere considerati un obiettivo nella conoscenza quanto piuttosto un “primo livello” di informazione, indispensabile per impostare corrette strategie di conservazione delle specie.

Nella sua incompletezza e frammentarietà, il quadro riassuntivo riportato evidenzia come, anche nelle “montagne più amate” d’Europa (definizione della European Environment Agency), alcune specie animali hanno un impatto, una rilevanza, un valore per la comunità umana e dunque ottengono risorse per essere studiate, censite e gestite. Altre, purtroppo, non hanno un significato sociale. Sono la maggior parte, e di esse non si sa spesso nemmeno se e dove siano presenti.
Problematiche non certo circoscritte all’ambiente alpino, ma acuite dall’eterogeneità amministrativa, politica e sociale del “sistema Alpi”, che fatica ancor oggi a condividere strategie, dati ed esperienze tra gli otto Stati che lo compongono.