di Stefano Albergoni
Per comprendere quale sia l’incessante lavorio della natura sul tempo e il mondo delle cose umane, può risultare molto utile visitare “casa galina” di Calceranica, progettata e realizzata dall’architetto Leo Salvotti. Lo stato di abbandono dell’edificio, che è ceduto prima sotto i colpi dell’abbandono e dell’incuria e poi grazie all’azione “ricompositiva” della vegetazione (dando spazio ad una lettura del rapporto uomo-natura tutt’altro che scontata), è divenuto l’incipit di un evento promosso dall’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Trento e dedicato al tema: “Architettura, tempo, eternità”.
Come si diceva, il pretesto dell’iniziativa deriva dal grave stato di abbandono in cui riversa una delle più interessanti architetture costruite in Trentino nel secondo Dopoguerra: un piccolo edificio per le vacanze ancora esistente sulle rive del lago di Caldonazzo, ma oggi inabitato e interamente ricoperto dalla vegetazione.
In breve, la storia: a metà degli anni Sessanta, l’architetto Salvotti progetta e realizza un’architettura-scultura nei pressi del lago di Caldonazzo. Un vero e proprio divertissement architettonico, pensato per le vacanze, dalle forme zoomorfe e destinato a diventare un unicum nel suo genere e un riferimento nell’immaginario collettivo degli abitanti della zona, che la battezzeranno popolarmente la «casa galina». L’edificio – realizzato con un interessante sistema di intelaiatura metallica ricoperta di calce – si presentava come una colorata composizione scultorea adagiata su un grande vassoio, staccato dal suolo grazie a quattro leggeri pilastri.

A distanza di cinquant’anni la struttura è ridotta in rovina e la natura ha conquistato lentamente ogni spazio un tempo destinato al luogo di villeggiatura. Questo piccolo episodio, che si configura come una visione neo-piranesiana innestata sull’architettura contemporanea, può essere l’occasione per riflettere su alcuni temi intimamente legati all’arte di Vitruvio e sul ruolo dell’uomo dentro la Storia: qual è il compito dell’architettura di fronte alle forze della natura? Davvero l’architettura è ancora destinata a sopravvivere al suo creatore? Qual è il senso della rovina nell’architettura contemporanea?
Sul palco della Sala «Alcide Degasperi» saranno presenti due ospiti d’eccezione: il progettista dell’opera, Gian Leo Salvotti, decano degli architetti trentini, figura di rifermento per più di una generazione di progettisti e un teorico dell’architettura, Renato Rizzi, professore di Teoria e tecnica della progettazione architettonica presso l’Università Iuav di Venezia, autore di opere premiate in tutto il mondo. I due – stimolati nel dibattito da Alessandro Franceschini – dialogheranno sui temi dell’architettura e della sua funzione rispetto al trascorrere del tempo. Sullo sfondo si parlerà anche del ruolo dell’architettura contemporanea e del ruolo dell’architetto nella modernità.
Il tema, a cavallo tra l’architettura e la filosofia, ha dei rimandi simbolici di grande interesse. Si è soliti pensare, infatti, che l’architettura possa sopravvivere al suo progettista, così com’è sempre avvenuto nel corso della millenaria storia dell’uomo, dagli Ziggurat della Mesopotamia antica in avanti. In realtà – come l’esempio della casa galina insegna – l’architettura contemporanea si mostra estremamente fragile rispetto all’azione del tempo e questo porta a riconsiderare i principi vitruviani dell’architettura, che trovavano proprio nella «firmitas», ovvero la stabilità che regge tutto, la saldezza, la forza, la robustezza, uno degli elementi basilari su cui fondare l’architettura.
Alla storia di questo edificio verrà dedicato un documentario prodotto da Wasabi di Trento e in corso di montaggio (che mostrerà il “ritorno” dell’architetto Salvotti dentro la sua opera giovanile ridotta in rovina), un reportage fotografico compiuto da Luca Chistè dentro il manufatto, e una pubblicazione, che conterrà anche gli esiti del dialogo di venerdì prossimo.
Durante l’evento sarà inoltre possibile vedere alcuni materiali inediti che riguardano la «casa galina»: progetti originali, fotografie d’epoca e ritagli di riviste, raccolti da Daniela Gremes e riordinati da Raffaele Cetto.
