Il castagno: “l’albero del pane” della gente di montagna
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di Linda Martinello

Sfrecciando in velocità sulla superstrada della Valsugana si rischia di non accorgersi di quanto sia interessante il versante della valle esposto verso sud. Probabilmente fin dall’epoca romana questa zona, che si estendeva all’incirca da Novaledo fino a Strigno, era intensamente coltivata. In particolare, nella parte più bassa dominava la vite, mentre le zone tra i 400 e gli 800 m erano occupate dai castagni, i cosiddetti “alberi del pane” delle popolazioni di montagna. All’incirca alla stessa quota passava il tracciato della Via Claudia Augusta Altinate, che, evitando le aree paludose del fondovalle, attraversava la vallata a mezza costa, nelle zone lambite dai castagneti.

Il castagno ha avuto, nei secoli, una duplice importanza: oltre a costituire, con i suoi frutti, una riserva calorica per sfamare le popolazioni locali, costituiva un eccellente materiale da costruzione, utilizzato come paleria per le colture agricole e per l’industria mineraria. La storia delle coltivazioni di castagno si intreccia in Valsugana come in tutto il Trentino con quella dell’industria mineraria: nel periodo di massima espansione dell’attività estrattiva, ovvero fino al XVI secolo, a causa della necessità di legname per le varie fasi del processo di lavorazione, la superficie coltivata a castagno subì una forte riduzione. Seguirono secoli di declino dell’industria mineraria e di ripresa delle tradizionali attività agricole, ma fu solo sotto l’impero Asburgico che la castagna conobbe una nuova valorizzazione quale fonte alimentare di rilievo; si narra che le castagne della Valsugana venissero portate addirittura alla corte imperiale.

 

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La zona che va da Roncegno a Strigno costituiva, di fatto, l’area castanicola più estesa del Trentino. Scomparsa la necessità di sfamarsi con i soli prodotti dei propri appezzamenti, oggi quest’area – caratterizzata da un mosaico di terrazzamenti, castagneti e piccole zone dedicate all’agricoltura famigliare – riveste un’importanza paesaggistica di rilievo, ma spesso è difficile riuscire ad arginare il fenomeno dell’abbandono e a fronteggiare le numerose emergenze di carattere sanitario che interessano queste piante. Salvaguardarle significa non solo salvaguardare una coltivazione tradizionale, ancora oggi molto apprezzata, ma un vero e proprio paesaggio culturale.

Questo territorio particolarmente interessante può essere percorso attraverso la Strada del Castagno della Valsugana, che da Strigno porta fino a Roncegno; è frazionabile in piccole passeggiate ma è possibile seguirne l’intero tracciato percorrendolo nell’arco di più giornate. Per una descrizione dettagliata del percorso, incluse le altimetrie, si rimanda a questo link (il percorso è in gran parte su stradine secondarie asfaltate e adatte ad essere percorse anche da passeggini).