Il censimento primaverile del cervo

di Anna Sustersic

 

Sono le 23 e mi trovo a Peio per seguire l’ultima delle tre notti di censimento primaverile del cervo. L’ultima di tre notti che serviranno agli agenti forestali e faunisti del territorio per stimare lo stato delle popolazioni di ungulati nei diversi distretti della regione. Mi preparo a percorrere circa 30 km lungo le strade forestali del Parco dello Stelvio. Finestrini aperti e binocolo alla mano, armati di faro e schede di registrazione. Informazione uno: numero di animali; informazione due: composizione dei gruppi, maschi, femmine e giovani.

Se ne vedono a centinaia” mi avevano detto. Quella delle Valli di Rabbi e Peio, non è una zona qualsiasi: qui la storia del cervo è particolarmente complessa e il suo rapporto con il territorio ha caratteristiche uniche. Fino a pochi anni fa questa era nota come l’area a più alta densità di cervi dell’intero arco Alpino, un record non facile da sostenere.

Fa ancora molto freddo e la neve non ha ancora lasciato la stretta presa sulle pendici delle montagne. È il momento ideale per la conta dei cervi: la vegetazione non copre la visuale e i cervi si ammassano alle basse quote per approfittare del primo verde. Siamo partiti da pochi minuti e sono ancora impegnata a regolare il binocolo quando la jeep improvvisamente si ferma: uno sciame di occhi reagisce scintillando al faro che li sorprende nella notte. Siamo ancora vicinissimi al centro abitato ma Natalia Bragalanti, ricercatrice e tecnico faunista che guida il censimento del cervo qui al parco Nazionale dello Stelvio, ha già contato oltre 40 cervi.

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La fortuna del cervo sulle Alpi ha vissuto fasi alterne: nel corso del XVIII e XIX secolo è progressivamente sparito, a causa dell’uomo, da tutto il territorio. Nel 1847 un trofeo di maschio riportava la dicitura: “ultimo abbattimento in Val di Rabbi”. Alla fine degli anni ’90, complici alcuni ripopolamenti oltre confine e la naturale dispersione, il cervo era di nuovo stabile sul territorio.
Sempre più numeroso, tanto da suggerire un aumento del prelievo venatorio per il mantenimento dell’equilibrio di popolazione. Ma il passo da zona di caccia a zona protetta è breve e il cervo non impiega molto tempo a capire che se sta all’interno dei confini del parco è salvo, se ne esce anche solo di un passo, no. In pochissimo tempo il baricentro della popolazione, ormai molto numerosa, si sposta all’interno dei confini del Parco. Nei primi anni 2000 i cervi in Val di Sole sono circa 3.000 di cui ben 2.000 all’interno del Parco, che occupa solo un terzo del territorio.

Un affollamento da record non privo di conseguenze. L’esubero degli ungulati si ripercuote sull’intero ecosistema, dal bosco all’uomo. Brucamento e scortecciamento continuo e selettivo su gemme e giovani rami, possono rallentare o nuocere al rinnovo del bosco e alcune piante poi, come il ginepro, scelte in maniera preferenziale, possono veder collassare la propria presenza di fronte a migliaia di brucanti. La jeep si ferma, abbiamo avvistato un capriolo solitario. “Non ne sono rimasti molti in questa zona – mi spiega Natalia Bragalanti – Benché abbiano abitudini diverse dal cervo, la loro nicchia si sovrappone per una buona parte e le migliaia di competitori, in un territorio così ridotto hanno costretto il capriolo alla resa”. Più in alto, sopra il margine del bosco anche il camoscio fa i conti con l’esubero di ungulati. Vista la sicurezza garantita dai confini del Parco, in estate i cervi si spingono oltre il margine del bosco per invadere mensa e spazi del suo parente d’alture. Infastidito anche il gallo cedrone spodestato dalle arene, e non ultimi i valligiani.

Continuiamo ad avvistare animali quasi in ogni prato e il conto di Natalia ormai supera decisamente il centinaio. Oggi rispetto ai primi anni 2000 il numero dei cervi è nettamente diminuito ma non mi è difficile immaginare le difficoltà che l’alta densità passata può aver portato in una comunità dove lo sfalcio dei prati e l’allevamento di bestiame sono attività importanti nell’economia del territorio.

È uno spettacolo straordinario che nella sua singolarità fa riflettere sulla complessità delle conseguenze di equilibri e squilibri. “Ci vorrebbe il lupo” penso sorridendo. Alle 2 del mattino si rientra alla stazione e qualche giorno dopo i risultati. Anche per quest’anno la conta è fatta: i cervi dello Stelvio quest’anno sono circa 1.170.


La foto notturna è di Anna Sustersic