di Filippo Zibordi e Andrea Mustoni
Le fiabe in cui il lupo è “il cattivo” sono innumerevoli e note a tutti fin dall’infanzia. Meno noto è invece il fatto che il lupo sia una specie ad alta valenza ecologica e culturale, sulla quale la comunità internazionale, lo Stato italiano e le amministrazioni pubbliche stanno investendo sforzi notevoli, nel tentativo di conservarne le popolazioni: il lupo è una risorsa collettiva, a cui è accordata una protezione legale tra le più elevate della fauna italiana.
Il lupo: perché?
Il lupo è una specie rigorosamente protetta secondo la normativa internazionale (All. II della “Convenzione di Berna” del 1979), comunitaria (All. II e IV della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”) e nazionale (Legge quadro sulla protezione della fauna e caccia, n. 157/92). A testimonianza dell’importanza che la collettività riserva alla specie, va citato il fatto che l’abbattimento, cattura o detenzione di un esemplare di lupo è addirittura un reato penale per la normativa italiana, punito con l’arresto da tre mesi ad un anno (art. 30 della citata L.N. 157/92).
L’assetto legale è la certa dimostrazione che – al di là delle legittime istanze di particolari gruppi di interesse – la collettività considera il lupo come una risorsa da tutelare.
Il lupo (scientificamente denominato Canis lupus) rappresenta infatti un’importante componente dell’ecosistema alpino: posto al vertice della catena alimentare, esso è una presenza significativa per il mantenimento degli equilibri naturali degli ecosistemi di cui è parte. In maniera analoga all’orso e alla lince, gli altri grandi carnivori italiani, il lupo è una specie che necessita di un ambiente complesso, ricco e differenziato: la sua protezione passa pertanto attraverso la salvaguardia dell’intera biodiversità dell’habitat in cui vive. Tutelare il lupo significa, in definitiva, difendere l’intero ecosistema montano e l’esistenza di un ambiente più integro. Oltre agli aspetti ambientali, il lupo è però anche un importante elemento nella cultura dell’uomo e un animale simbolo della natura italiana, in grado di suscitare da sempre interesse. Oggi la sua “straordinaria” presenza, in grado di appassionare e attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti di tutte le componenti dell’ecosistema, è una opportunità per facilitare l’adozione di politiche di gestione del territorio più attente ai temi ambientali.
La storia recente del lupo in Italia
Perseguitato con ogni mezzo e privato del suo habitat, il lupo è scomparso da gran parte d’Europa tra il 18° e l’inizio del 20° secolo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Italia la specie era ridotta ad un nucleo residuo nell’Appennino Centro-meridionale, stimato in soli 100 esemplari all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso. Grazie alla sua elevata capacità di adattamento e dispersione e, soprattutto, alla progressiva trasformazione ambientale dei territori montani (in primis: abbandono della montagna e aumento degli ungulati selvatici), il lupo è stato in grado di aumentare il proprio areale ricolonizzando gran parte dell’Appennino, verso sud (Calabria) e verso nord (Liguria).
Il ritorno del lupo sulle Alpi ha avuto inizio circa 20 anni fa, attraverso la Liguria e l’Arco Alpino occidentale italo-francese: i primi individui sono apparsi in area alpina, proprio sul confine con la Francia, nel 1987; i primi branchi sono stati segnalati sulle Alpi Marittime a partire dal 1992 e successivamente la specie si è spontaneamente mossa verso est, facendo la sua ricomparsa in zone della Francia, della Svizzera e della Lombardia da cui era assente da circa un secolo. Le analisi genetiche condotte su esemplari ritrovati morti e su campioni organici raccolti nell’arco di 20 anni hanno documentato il passaggio tra l’Appennino settentrionale e le Alpi di circa 8-16 individui fondatori. Il percorso di ricolonizzazione dell’Arco Alpino sud-occidentale è stato peraltro confermato, più recentemente, anche mediante l’utilizzo di collari radio-emettitori posti su alcuni individui per motivi di ricerca scientifica.
Quanti lupi oggi sulle Alpi?
Per quanto riguarda le aree alpine italiane di presenza stabile, in Piemonte (zona Alpi) e nella zona transfrontaliera al confine con la Francia, gli ultimi dati a disposizione confermano la presenza di 18 branchi (14 branchi nella zona piemontese e 4 nella zona a cavallo con la Francia). Considerando che la dimensione media del branchi della “zona Alpi Piemonte”, per l’inverno 2010-2011, è di poco superiore a 4 individui, la stima più recente del numero di lupi presenti in territorio alpino piemontese è pari a 70 lupi all’inizio inverno (di cui 5 lupi solitari) e 61 alla fine inverno (di cui 5 lupi solitari). Queste stime sono dedotte dall’analisi dei dati provenienti dagli approfonditi monitoraggi (tracciature su neve, analisi genetiche condotte sui campioni fecali e osservazioni documentate) basati su tecniche innovative e riconosciute di sicuro affidamento dalla comunità scientifica internazionale, condotti annualmente dalla Regione Piemonte sul proprio territorio.
Ad essi vanno aggiunti i branchi che gravitano esclusivamente in territorio francese, che portano ad una stima di 33 branchi riproduttivi per l’intera catena alpina nel 2009. Le stime di popolazione a livello alpino sono ottenute tramite il lavoro del “Wolf Alpine Group”, il gruppo di ricercatori delle diverse nazioni alpine che si occupa ufficialmente del monitoraggio del lupo e che collabora per unificare i dati scientifici e produrre tali stime.
Le altre parti delle Alpi sono a tutt’oggi interessate esclusivamente da fenomeni esplorativi da parte di singoli individui che si muovono da ovest (Alpi sud-occidentali italiane e francesi) verso est (Svizzera, Lombardia, Trentino e Alto Adige) e, in maniera minore, da est (Slovenia e Repubblica Ceca) verso ovest (Austria e Germania, Friuli Venezia Giulia e Trentino). Nonostante la dispersione sia, in alcuni casi, evidente da anni (in particolare verso la Svizzera), la presenza del lupo nelle aree appena citate va considerata provvisoria dal momento che fino ad ora non sono presenti branchi stabili né accertate riproduzioni.
…e quanti lupi in Trentino?
Come accennato, la presenza del lupo in provincia di Trento è da considerarsi sporadica. Tutte le segnalazioni finora documentate si riferiscono, in particolare, a giovani esemplari maschi appartenenti a nuclei o popolazioni limitrofe che, in accordo con la biologia della specie, vagano sul territorio verosimilmente in cerca di nuovi territori in cui stabilirsi.
Nel dettaglio, la prima segnalazione per il Trentino (dopo 150 anni di assenza) risale al ritrovamento, nel 2009, presso il Passo degli Oclini in Val di Fiemme, di resti organici attribuiti ad un lupo della popolazione dinarico-balcanica. La presenza di un lupo, in vita, è stata invece accertata, tramite indagini genetiche, per la prima volta in Trentino nell’aprile del 2010, nella zona nord-orientale del Parco Naturale Adamello Brenta. L’esemplare, un giovane maschio denominato M24, proviene dall’Arco Alpino centro occidentale e, dopo aver vagato nel Vallese e in Engadina, è da qualche mese segnalato nel Gruppo delle Maddalene, tra l’Alto Adige e il Trentino.
Oltre ad M24, è stato di recente (febbraio 2012) confermato il “transito” in provincia di almeno un altro esemplare: si tratta di un lupo di 3 anni di età proveniente dalla Slovenia, dove è stato munito di radiocollare per seguirne gli spostamenti.
Un terzo esemplare potrebbe essere passato dal Trentino per arrivare sui Monti Lessini, anche se in questo caso le prove sono solo fotografiche e dunque non possono essere considerate del tutto affidabili.
In sintesi, nell’ambito delle dinamiche che caratterizzano il lupo a livello alpino, la sua ricomparsa in Trentino è degna di nota, in quanto sintomo dell’idoneità ambientale del territorio provinciale e, a scala più ampia, del potenziale ricongiungimento tra le popolazioni insediate ai lati opposti della catena alpina.
Il futuro del lupo in Trentino e sulle Alpi
È evidente che il futuro del lupo sulle Alpi, così come in Italia e in Europa, è strettamente dipendente e non può prescindere dall’instaurarsi di un positiva convivenza con l’uomo. È infatti indubbio che la presenza della specie in un territorio può risultare conflittuale, soprattutto a causa dei danni che essa può causare alla zootecnia.
Va peraltro sottolineato come l’adozione di adeguate pratiche di prevenzione dai danni possa aiutare a diminuire il confitto. In questo senso, nelle Alpi occidentali da quasi due decenni vengono messe in campo azioni per la conoscenza e la conservazione della specie, per la prevenzione dei danni al bestiame domestico e per l’attuazione di un regime di coesistenza stabile tra lupo ed attività economiche. Sin dai primi avvistamenti di lupo dei primi anni ’90 del secolo scorso, è stato organizzato un programma di ricerca e monitoraggio del fenomeno al fine di raccogliere i dati tecnici necessari alla gestione di questa realtà e al suo impatto sulle attività economiche: l’adozione di metodi di prevenzione ha determinato il calo del numero di attacchi e di vittime per attacco e appositi strumenti normativi si sono rivelati efficaci per contribuire alla riduzione del livello di conflitto.
Al di là delle strumentalizzazioni di cui il lupo è (troppo spesso) oggetto, l’esperienza maturata dimostra come la conservazione della specie non sia incompatibile con le attività o la presenza dell’uomo, a patto che vengano messe in atto adeguate misure per mitigare i conflitti e favorire la convivenza tra il predatore e le attività pastorali.
Il futuro del lupo passa attraverso il mantenimento di una popolazione vitale nelle Alpi Centro –occidentali e la graduale ricolonizzazione della parte restante dell’Arco Alpino. Tale fenomeno naturale, fortemente auspicato dalle direttive europee e nazionali, potrà realizzarsi solo se verranno intraprese iniziative di ricerca scientifica e monitoraggio, nonché strategie di riduzione del conflitto con l’uomo e le sue importanti attività economiche.
Il presente articolo si rifà in parte al documento di sintesi redatto dall’Associazione Teriologica Italiana – ATIt allo scopo di fare chiarezza sul “fenomeno lupo”. Ulteriori approfondimenti sugli argomenti trattati:
– Rapporto Orso e grandi carnivori Provincia di Trento
(fotografia in testa di Liam O’Connor)