Montagne di Ultental
libro Camminando Davide Sapienza Claudio Carminati

“Camminando”, il nuovo libro di Davide Sapienza, nasce da un’esigenza espressiva che segna un passaggio speciale nella sua carriera di narratore: il decennale de “I Diari di Rubha Hunish”, che innovò la scrittura di viaggio. Per voi abbiamo estratto un brano che tocca da vicino la nostra regione.

di Davide Sapienza

12 ottobre 2010. Ultental. Val d’Ultimo.

Notte insonne. Salito lentamente. Con me c’era la stanchezza dei tre giorni. È l’attraversamento dell’autunno a farsi impervio? Oggi ho voglia di sentirmi libero come il vento che si è insinuato tra le pagine nuove, che sfiora le dita e la guancia, che smuove l’immobilità della mente. Che luogo, la mente. Invece di farsi ospitare, osa addirittura sospingere sconosciuti pensieri e misteriose emozioni a visitare il corpo così bisognoso di ritrovare pace. Allora e solo allora lei elabora e muove la mano. Prima di Seefeld Alm, compio gli ultimi passi che si fanno sempre desiderare, penso a queste montagne. Loro si presentano con caratteri morfologici non spiccati, come se le frequenze fossero concentrate sulla profondità delle forme, più che sui picchi. Come se fossero tutte parte di una carovana in movimento tra le ere geologiche. “Catena montuosa” in questo senso si addice bene alle montagne di Ultental. Ultimo è il luogo dove camminando ti concentri su ogni cosa, perché il movimento è attratto da questa terra come da una mente autonoma, che ti culla nell’eterno scorrimento delle mutazioni impercettibili di ciò che ti accoglie e ti fa da placenta. Sei sempre all’inizio e alla fine dentro questo luogo.

Ci sono spiriti come questo che sono definitivi, mi chiedo chi ha pensato a questo nome, Ultimo. Questa terra alta ti fa stare sullo spostamento lento e rilassante, concentrato sul corpo che si fonde con la natura. Forse è il terzo giorno di cammino a dire tutte queste cose. Ma è più probabile che la luce laricea provochi l’infusione profonda delle gocce di rugiada carezzate sugli aghi trattenendo il fiato. Questa luce respira, la vedi emettere i segni della direzione da seguire, sono le emozioni che colano dal muschio e dalla corteccia, dai tronchi antichi, dai sogni che hanno percorso le epoche. Quel vuoto ricolmo di spazi e che non mi abbandona nel sonno.

Ho lasciato due splendidi legni ad asciugare giù al torrente, in un angolo della Kirchbergtal. Il più grande è una barca in miniatura, sembra la curvatura del torrente.

Qualcosa deve pur significare. Non potendo portarli con me in salita, percorrendo la parte alta della valle verso Rabbi, ho ripensato a quel legno, in attesa da chissà quanto. Scendendo ho accompagnato l’acqua cadente di un bel torrente stretto: il frastuono liquido agiva come un silenzio ipnotico, e non mi sono accorto di essere preceduto da due cervi. Si sono tenuti a distanza, precedendo i miei passi. Hanno atteso sui ripiani erbosi da dove passava il sentiero. Quando uscivo dai larici per entrare nella radura, loro scendevano e al pianoro seguente si fermavano a guardare. Non mi era mai capitato. Quando mi hanno fiutato, stavano salendo o scendevano? Non sai mai queste cose in quei momenti. Eppure, ti appaiono come le uniche vere domande fondamentali.

Camminando

In quota, nel pomeriggio di ottobre aleggia il sapore di una fine sospesa, un’attesa consapevole che la quiete porta la neve annunciata. Ho guardato a lungo verso oriente. E potrei anche affermare che a un certo punto ho visto il fiocco di neve. Aveva un disegno bellissimo, sembrava un ramo di larice nell’atto della trasformazione, la transumanza di stato di ogni creatura. Con i larici non è come con le altre essenze. Non per me, intendo dire. Quando il tempo giunge di fronte ai larici sembra esitare e chiedersi con chi conversare prima di concedere all’eternità di scorrere avanti. I larici fanno capire al tempo e agli uomini, in esso contenuti, che stanno dove sono perché conoscono lo spazio. E si sappia, una volta per tutte, che più di ogni altra cosa, il tempo teme lo spazio.

Mi impressiona rivedere le foto, qui nel calore della camera all’Ultnerhof, la mia casa ultima. I colori di ieri, quelli di stamattina e quelli di oggi sono i colori di tre mondi diversi, universi nei quali la luce si fa guida dell’occhio e gli alberi ne rappresentano la metamorfosi rapida, il cambiamento di stagione nell’atto di svelarsi all’occhio. Gli animali sembrano saperlo: penso ai due eleganti cervi dell’incontro. I loro occhi sapevano, erano luce delle epoche dove tutti i cervi stavano celebrando il divenire. Quel sapere è la loro conoscenza. E pensandoci bene, anche la nostra.

Il movimento dei due cervi era un’attesa. E anch’io attendo: tutti siamo in attesa di ciò che la luce della luna dirà del domani, traducendo la stella vita in calore di mani e di sguardi. Alla fine qualcosa si è mosso. Le termiche del nuovo volo mi hanno fatto vedere stormi di larici, branchi di torrenti, mandrie di passi. Il Cammino è la soluzione per non deludere la vita.

(tratto da “Camminando”, 2014; si ringrazia Lubrina Editore)

copertina CAMMINANDO (fronte)
La copertina di “Camminando”

 


Nato nel 1963, Davide Sapienza ha pubblicato I Diari di Rubha Hunish (Baldini & Castoldi 2004), La Valle di Ognidove (Cda&Vivalda 2007), La Strada era l’Acqua (Galaad 2010), La Musica della Neve (Ediciclo 2011), Le Orovie (Lubrina 2011), Scrivere la Natura (con Franco Michieli, Zanichelli 2012) e La Via dei Silter (con Franco Michieli, Montagne di Valgrigna 2014).