di Filippo Zibordi
Alla base di tutto c’è la famiglia, fondata sulla coppia. La famiglia difende il proprio territorio dalle altre famiglie: i parenti stretti, inoltre, si adoperano per favorire la sopravvivenza dell’intero clan. Non si tratta di una nuova enciclica, né tanto meno di frasi estratte da un conversazione mafiosa: è la descrizione dell’organizzazione sociale della marmotta delle Alpi, roditore comune sulle montagne del Trentino, indiscusso protagonista delle nostre escursioni estive in quota.
La marmotta (Marmota marmota) è infatti una specie spiccatamente sociale, solitamente monogama: proprio come noi. Il nucleo base è costituito dal maschio dominante, dall’unica femmina riproduttiva, dai piccoli dell’anno (che si affacciano fuori dalla tana ad inizio luglio) e da altri adulti e sub-adulti, che possono rimanere per qualche tempo in compagnia dei genitori.
Il famoso fischio che spesso ci permette di individuarle tra le rocce è anch’esso, in realtà, un segnale sociale lanciato dalla “sentinella” per avvertire di un imminente pericolo: in genere un’aquila, una volpe o noi. Uno dei tanti modi che le marmotte utilizzano per comunicare tra loro e mantenere in tal modo l’organizzazione sociale del gruppo: stimoli olfattivi, posture del corpo, giochi, combattimenti e anche vocalizzazioni.
La marmotta trascorre ben metà dell’anno all’interno di una tana, abbassando temperatura corporea, frequenza respiratoria e battiti del cuore fino a sfiorare la morte. Anche in questo caso, è il gruppo a permettere la sopravvivenza: maggiore è la dimensione della famiglia in letargo, minori le probabilità di morire per assideramento durante l’inverno.
Proprio le tane sono alla base di due interessanti quanto recenti indagini avviate in Trentino negli ultimi anni. La prima, promossa a partire dal 2013 dal Parco Naturale Adamello Brenta e realizzata in collaborazione con alcuni istituti universitari, è basata sulla mappatura dei siti di rifugio e svernamento (nelle Dolomiti di Brenta nel 2013 e nel Massiccio della Presanella nel 2014) allo scopo di effettuare un confronto con i dati pregressi, risalenti al 1997, e comprendere quali fattori influiscono sulla presenza o assenza della marmotta dalle aree alto alpine.
La seconda, condotta l’estate scorsa nel proprio Settore trentino da parte del Parco Nazionale dello Stelvio, mira a definire un sistema di monitoraggio della specie che permetta di determinare con sufficiente precisione il numero degli individui presenti in un’area, la distribuzione dei diversi nuclei sul territorio e di acquisire, al contempo, dati utili per conoscere, e quindi conservare al meglio, la specie.
Entrambi gli studi, che proseguiranno verosimilmente negli anni prossimi, rappresentano un contributo alla conoscenza, e dunque alla protezione, di uno degli ecosistemi più delicati presenti in Trentino: quello di alta quota. Che rischia di rimanere schiacciato tra esigenze di utilizzo sostenibile e cambiamenti climatici.
Foto: Giulia Ferrari