di Aldo Martina
–
Quaranta centimetri era il limite massimo per il girovita tollerato dalla moda femminile dell’Ottocento. Un diametro così innaturale non poteva essere raggiunto se non a prezzo della salute. Lacci, corsetti, busti, stecche di balena (ricavate dai fanoni) erano fra i coadiuvanti maggiormente usati dalle donne per raggiungere l’ambito ma effimero premio della bellezza, del fascino e della spregiudicatezza. Svenimenti, blocchi digestivi, respiratori e circolatori, nonché fratture delle costole, diventavano spesso il tributo da versare. Forse i modelli cui si riferiva la tendenza dell’epoca erano le vespe cartonaie, le Polistes, dalla “vita” invidiabile. Il primato della snellezza sarebbe spettato però ad altri Imenotteri, quelli appartenenti alla famiglia degli Icneumonidi, il cui girovita filiforme sarebbe stato però un obiettivo irraggiungibile, anche per la più caparbia donna della Belle Époque.
Sono le diciassette di una serena estate e il sole in ritirata ammorbidisce di luce calda gli abeti colonnari della Val Canali. Ecco che una piacevole e inattesa sorpresa attira la mia attenzione. A un paio di metri da me c’è una ceppaia scortecciata e ricamata dagli scavi delle larve di qualche coleottero Scolitide, vedo i forellini che fanno da accesso alle loro gallerie, alcuni perfettamente tondi altri ellittici. I raggi filtrano attraverso le chiome di alcuni giovani faggi gratificati dal taglio del grosso abete bianco, è la sua ceppaia che ora s’illumina per accogliere in scena quattro piccoli e fragili esseri, leggiadri e silenziosi, come i ballerini di un cabaret. Sono in verità spietati cacciatori di larve xilofaghe. Vedo bene il loro profilo, elegante ma essenziale: antenne, ovopositore e zampe filiformi, vita quasi inesistente, ali eteree dai riflessi bronzei, il corpo quasi zebrato. Non c’è ombra di dubbio, sono femmine di Rhyssa persuasoria. Rapportate alla nostra scala emotiva, queste particolari “vespe”, lunghe tre o quattro centimetri, incarnano uno fra i peggiori incubi mortali che mente umana sia in grado di immaginare. Non sono pericolose, hanno infatti un ovopositore al posto del pungiglione, in realtà sono le api e le vespe propriamente dette ad avere un ovopositore trasformato in pungiglione. Quello degli Icneumonidi ha una parte esterna che funziona come una sorta di trivella, perfora il legno preparando l’accesso alla parte interna che è l’ovopositore vero e proprio, sottilissimo e lungo più dell’intero corpo. L’insetto deve assumere una posizione da contorsionista per poterlo usare, di qui l’utilità di avere una vita super-snella. La straordinarietà però non è tanto per le sue doti ginniche quanto per la motivazione: perché deve perforare il legno? La risposta è semplice, e orripilante. Per mezzo di antenne molto mobili e sensibili Rhyssa è in grado di percepire la presenza delle larve mangiatrici di legno, in particolare quelle della famiglia dei Siricidi, anche loro Imenotteri; una volta “sentita” la presenza di una loro larva, apre un condotto nel legno con la parte perforante fino a intercettarla, poi infila l’ovopositore e, dopo aver iniettato una tossina paralizzante, buca i tessuti della vittima inerme per depositarvi un unico uovo, quando schiuderà, la larva potrà nutrirsi dell’ospite, vivo ma indifeso. L’intera operazione, dalla trivellazione alla deposizione, dura pochi minuti; poi, in sincronia, le quattro dispensatrici di uova nei tessuti altrui escono di scena e se ne vanno, chissà dove.
La relazione trofica che porta alla morte dell’ospite rende gli Icneumonidi non dei parassiti (che non ucciderebbero gli ospiti) ma dei parassitoidi, la loro è una vera predazione anche se a lungo termine. C’è da dire che, per quanto raccapricciante, l’azione della Rhyssa è indirettamente molto utile all’uomo nella lotta biologica, infatti le larve dei Siricidi sono tra gli xilofagi più problematici poiché attaccano sia gli alberi del bosco che le travi di legno delle case, causando seri danni.
Gli ultimi raggi di sole si eclissano dietro il profilo del bosco della magnifica Val Canali. È arrivato anche per me il momento di andare, ma mi porto dietro uno strano desiderio, subliminale direi, che mi spingerà a rivedere in televisione Sigourney Weaver alle prese con Alien, il celebre xenomorfo protagonista di una trama che, a pensarci bene, non è poi così fantascientifica.
Aldo Martina è naturalista e scrittore. Il testo è tratto da “Sentieri selvaggi. Un anno in Val Canali, tra Villa Welsperg e le Pale di San Martino” – © 2019 Edizioni del Faro
Rhyssa persuasoria (foto dell’autore)