di Stefano Albergoni
Prosegue con l’inaugurazione della mostra regionale “La vite e il paesaggio” il progetto di indagine territoriale denominato “A nord di Trento, a sud di Bolzano”. Appuntamento a Bolzano, alla galleria FotoForum, martedì 10 dicembre, ore 19.00.
L’idea di ampliare la prospettiva di indagine emersa nel 2012 con il lavoro “Un territorio, otto fotografi” nasce dall’esito di quella esperienza, capace di produrre risultati inediti sia sul versante dei contenuti che della formula regionale. Il progetto è riuscito ad aggregare partner istituzionali e competenze specifiche che hanno interagito in modo fecondo, a rappresentanza di entrambi i territori provinciali. Una delle riprove del successo è stato il “viaggio” della mostra fotografica tenutasi all’Interporto di Trento lo scorso mese di dicembre in quattro altre sedi nel corso del 2013 (Cantina Sociale di Termeno, Galleria Foto Forum di Bolzano, Biblioteca di Gardolo, Sede della Comunità di Valle Rotaliana-Konigsberg a Mezzocorona) e con altrettanti momenti di confronto pubblico (ricordiamo in particolare il convegno urbanistico tenutosi a giugno a Termeno grazie alla determinazione delle due comunità Rotaliana-Konigsberg e Bassa Atesina-Oltradige, e dei loro presidenti Oswald Schiefer e Gianluca Tait.
Questa seconda edizione mette a fuoco di uno degli aspetti che in modo evidente definiscono e contraddistinguono la valle dell’Adige nel tratto compreso tra le due città capoluogo: la viticoltura. La proposta nasce dall’associazione Imperial Wines, che insieme al gruppo storico dei promotori (INU Trentino, Inu Sudtirol, Ambiente Trentino) ha individuato quattro filoni di analisi territoriale attraverso la fotografia: Le forme dei luoghi, il segno del tempo, le viti e il cemento, il lavoro dell’uomo.
Le forme dei luoghi La vite segna indelebilmente il paesaggio della valle dell’Adige, in questo territorio che è confine nel confine, a cavallo tra due realtà che, pur continue e contigue, hanno intrapreso strade diverse nelle politiche agricole e nella gestione del territorio. Sono tanti gli elementi attraverso i quali si può decifrare il paesaggio viticolo: le geometrie delle sistemazioni della vite (rittochini, traversi, ciglionamenti e terrazzamenti, girapoggio e cavalcapoggio…), i metodi di allevamento (pergole, spalliere…), le linee della viabilità interpoderale, le forme e collocazioni degli edifici rurali, i materiali adoperati nel lavoro agricolo. Infinite combinazioni di iconemi (nella definizione di Eugenio Turri, “ le unità elementari della percezione che, sommate con altre in combinazione, formano l’immagine complessiva di un paesaggio”) danno forma a paesaggi sfaccettati, che raccontano la complessità del rapporto tra l’uomo e l’ambiente che abita e lavora.
Il segno del tempo Il racconto del paesaggio è dialogo tra passato e presente, nell’eterna tensione del mondo contadino tra tradizione e innovazione. Di fronte alle esigenze (contrapposte?) della produttività e della conservazione dei caratteri originali del paesaggio, il territorio si modifica e offre di sé immagini diverse: talvolta prevale il rullo compressore del progresso che omologa le peculiarità, travolte dalle necessità della meccanizzazione, in altri contesti assistiamo al fenomeno opposto dell’abbandono del suolo agricolo a fronte della sua scarsa redditività. In mezzo, nel continuum tra questi due poli, intravediamo i segni di quel “tradimento fedele”, nel quale i contadini distinguono ciò che va abbandonato e ciò che invece è utile e necessario trasmettere. Il mondo contadino, per non essere un “mondo di vinti”, incessantemente trasforma e conserva, conciliando sé stesso col tempo che passa.
Le viti e il cemento Il paesaggio non è immagine della natura, ma realizzazione dell’intreccio tra l’ambiente e ciò che l’uomo ha in esso realizzato, nella stratificazione del tempo, e ciò che l’uomo in esso riflette. Non solo all’addomesticamento dell’ambiente a fini agricoli si è rivolto l’impegno dell’uomo: è lo spazio urbano, il cemento delle città e dei centri abitati, industriali e commerciali, ad aver prevalso nella dimensione pianificatoria, spesso con scarso o nullo interesse al dialogo con il “luogo”, abitato o meno dal suo “genius”. E’ assai recente, e non ancora generalizzato, il riconoscimento dell’area agricola come “bene” cardine di un sistema territoriale, non solo per la sua valenza produttiva, ma per i suoi valori identitari e culturali. Ma quale rapporto si è instaurato tra pieni e vuoti, tra città e campagna, quali confini si sono realizzati tra territorio costruito e spazi rurali, e come hanno influito sul paesaggio e sulla società che in esso si specchia?
Il lavoro dell’uomo La storia dell’agricoltura è storia di lavoro e fatica, ed è stata a lungo proprio la fatica la vera misura dell’economia rurale. “La fatica è un’ottima consigliera del fare e del mantenere, induce un rispetto implicito per il frutto del lavoro, proprio e di chi ci ha preceduto”, ed è sempre la fatica a portare il contadino “a perseguire, nell’agricoltura tradizionale, regole il più possibile aderenti alle leggi cicliche della natura” (Castelnovi 2012). Molti sostengono che queste leggi sono state negli anni sistematicamente violate, e che è il profitto – non più la natura – a dettare i nuovi codici. Di certo, nelle sue contraddizioni e ambiguità, il rapporto tra l’uomo e la vite interpreta e narra la tradizione come nessun’altra attività umana: nella stagionalità del lavoro,meccanizzato o manuale, le conoscenze e i saperi tradizionali si fanno tecnica e la tecnica conforma il paesaggio.
L’indagine curata da Luca Chistè si è tradotta in una raccolta di circa 500 scatti effettuati tra il 2012 e il 2013 da quattro fotografi: i trentini Giorgio Dalvit e Fabio Maione, i sudtirolesi Stefan Stecher e Gianni Bodini. La mostra che si inaugura a Bolzano (e che a gennaio sarà a Trento, ospite di Palazzo Roccabruna) è composta da una selezione di 55 stampe fine-art in grande formato ed è accompagnata da un prezioso catalogo con testi, anche questi indagatori, di Tatiana Andreatta, Angela Alaimo, Elena Dai Prà, Marius De Biasi, Giovanna Ulrici, Bruno Zanon. La postfazione è stata affidata al sociologo Aldo Bonomi. Le traduzioni sono principalmente opera della Regione Trentino Alto-Adige/Südtirol.
Un racconto ricco e interessante quello che si dipana dal paesaggio della viticoltura trentina e altoatesina, da leggere e guardare con attenzione: si tratta di una delle risorse più preziose, in termini culturali, della nostra autonomia.
All’indomani della mostra di Bolzano, che terminerà il 4 gennaio 2014, l’indagine fotografica verrà presentata anche a Trento, presso Palazzo Roccabruna, giovedì 9 gennaio, ore 18.00. A Palazzo Roccabruna gli organizzatori prevedono anche una specialissima degustazione di vini della zona e un seminario centrato sui 4 temi di indagine, con la presenza degli autori dei testi del catalogo.
Per maggiori informazioni sul progetto vai al sito di A nord di Trento, a sud di Bolzano