Paesaggi anauni: quell’impercettibile sentimento noneso

di Floriano Menapace

In occasione dell’inaugurazione a Bolzano (Galleria foto-forum) della mostra fotografica “Paesaggi anauni”, pubblichiamo un testo introduttivo dell’autore al libro-catalogo curato da Ambiente Trentino.

Il contatto iniziale con gli spazi della memoria è sempre sentimentale.
La nostalgia è quel sentimento che si avverte nei confronti dei luoghi dove si sono fatte le prime esperienze, maturata negli incontri ritmati da festività, ricorrenze e della perdita dei segni identificativi delle proprie esperienze originarie, del proprio scenario, combattuti tra conservazione e salvaguardia o una definitiva scomparsa. Con questo stato d’animo si cercano tracce di antiche conoscenze, di cose e situazioni sperimentate in passato, si osservano atmosfere confortanti, si ammirano vedute d’insieme e si cercano postazioni dominanti per averne uno sguardo generale, totale. Soprattutto queste ultime forniscono un’idea della valle che ne mantiene apparentemente integra la fisionomia di massima e che sono, data l’impossibilità di immediati riscontri visivi, le uniche a rendere un’idea di come è rimasta sostanzialmente immutata nel suo aspetto originario.

Ma il percorrere la fittissima rete di strade asfaltate e osservare, specialmente d’inverno, l’ordinata e metodica palificazione in cemento, vero è proprio sostegno dell’intensiva coltivazione della mela e della sua potentissima industria, paragonare gli antichi centri di potere come i castelli con i nuovi, immensi, magazzini, prendere atto dell’abbandono della sobria edilizia delle nobili famiglie rurali per riproporne una lontana per intenzioni, forme e colore, osservare la perdita di quel tono dolce degli intonaci sui muri di recinzione delle proprietà, degli orti dietro le case, del profumo autunnale delle mele in deposito in antichi magazzini, è stato un impatto emotivo forte, la scoperta di un atavico tempo ritmato e perfetto e di una nuova possibile pace per una contemporaneità smarrita, ma anche la tentazione, di lavorare nel ricercare queste antiche categorie del gusto, indagare con modi archeologici filtrati da una sedimentata esperienza fotografica, la presenza di beni scordati, apparentemente immersi nell’indifferenza, ma richiamati al presente prima della loro definitiva sparizione.

Revò, foto di Floriano Menapace
Revò, foto di Floriano Menapace

(…) L’indifferenza per le memorie collettive e personali, il vivere senza passato e senza futuro, la scomparsa della manualità, la meccanizzazione tecnologicamente avanzata delle lavorazioni, la nascita di industrie e commerci spuri rispetto alle tradizionali necessità, l’esibizione di una ricchezza vissuta in passato con sobrietà orgogliosa ed ora presentata da tanti indicatori, come omologata e inutilmente ostentata, non ha impedito di andare alla ricerca, senza farsi sopraffare, di un modo più accorto di vedere dentro il paesaggio, di un osservare analitico che legga oltre le apparenze.

Innanzitutto con esplorazioni metodiche alla ricerca di tipologie originali, selezionando tra vastità e particolari, riscoprendo “l’infinito” al di là dell’orizzonte, verso il non visibile, il sublime; e poi i margini, i brevi intervalli tra un rumore e l’altro, tra un passaggio di fulminei bagliori fatti di colori e luci e anche quelle preesistenze, testimonianze, memorie, in luoghi ora sovraffollati, ora silenziosamente privi di umanità. Alla ricerca pertanto di unità elementari della percezione, elementi costruttivi del paesaggio, dei segni simbolici mimetizzati dalla consuetudine. Immagini mentali a valenza culturale raccolte attraverso il filtro delle proprie conoscenze nel profondo della personale esperienza, memorizzate dalla consuetudine alla ricerca dei dati emergenti e caratteristici che si pongono quasi automaticamente al centro del fotogramma, vissuti tante volte come in un sogno, con atmosfere metafisiche, letterarie: gli “iconemi”, così come li ha definiti il geografo Eugenio Turri, consacrano alla cultura i territori dove sono riconosciuti, restituiscono il senso del tempo. Queste ricognizioni è evidente non si possono fare dal nulla, è necessaria un’intenzionalità addestrata a vedere, cercare e raccogliere le tracce del passato, i reperti da scoprire, prima che divengano, definitivamente, macerie della nostra cultura, banalizzate dall’ignoranza e dal terrore dettato dall’enfatizzazione del dato emotivo e melodrammatico.

Con l’appoggio della fotografia pertanto è possibile superare l’impatto sentimentale della nostalgia per un passato a volte mitizzato, per cercare di riconciliare le proprie memorie con la stringente attualità del presente.


Fotografie della Valle di Non

Percorrere la Valle di Non, la più ampia del Trentino, è stato complesso e stimolante al tempo stesso. Il metodo divulgativo dell’indagine si è basato, partendo dallo studio della principale bibliografia esistente, nonché di varie esperienze maturate sui sistemi di indagine fotografica del paesaggio.

L’interazione tra geografia culturale e fotografia non è stato affidato esclusivamente al riconoscimento delle emergenze eclatanti presenti sul territorio, ma voleva oltrepassare i margini del consueto, per stimolare la riscoperta di un spazio antico e variegato quale è quello della Valle di Non, guidato anche dal sentimento personale.

Il percorrere la fittissima rete di strade asfaltate e osservare, specialmente d’inverno, l’ordinata e metodica palificazione in cemento, vera e propria palafitta dell’intensiva coltivazione della mela e della sua potentissima industria; il paragonare gli antichi centri di potere come i castelli con i nuovi, immensi, magazzini cooperativi; il prendere atto dell’abbandono della sobria edilizia delle nobili famiglie rurali per riproporne una lontana per intenzioni, forme e colore; l’osservare la perdita di quel tono dolce degli intonaci sui muri di recinzione delle proprietà, degli orti dietro le case, del profumo autunnale delle mele in deposito in vasti androni, è stato un impatto emotivo forte, la riscoperta di un ancestrale tempo ritmato e perfetto e di una nuova possibile pace per una contemporaneità smarrita.

Santuario di San Romedio, foto di Floriano Menapace
Santuario di San Romedio, foto di Floriano Menapace

Nelle fasi di ricerca ho tentato di costruire uno schema di lavoro strutturato a scalare, con vedute da punti panoramici che ne ricoprissero l’intera visione, dalle presenze di castelli, chiese, centri storici, impianti di lavorazione della mela, con le loro imponenti strutture, per giungere ad una serie di dettagli utili alla conoscenza dei caratteri peculiari della valle.

Purtroppo la sua vastità ha impedito di lavorare in modo esaustivo, ma solo per cenni, su temi principali che fanno parte della cultura anaune. Ho cercato di evitare, pertanto, tutti gli argomenti legati agli stereotipi del turismo, della spettacolarizzazione delle bellezze naturali, dalle forre del Rio Novella ai monti del Gruppo di Brenta, in quanto il paesaggio antropizzato si presenta piuttosto come una immensa monocultura industrializzata, fonte indubbiamente di benessere per tutti, ma non senza qualche risvolto negativo.

Ho percorso, antichi sentieri, silenziosi centri storici, confrontato i simboli del potere e della ricchezza, cercando di cogliere, attraverso alcuni temi concatenati in un continuum logico, l’impercettibile sentimento della valle, invisibile ad una lettura frettolosa, per scarsa attitudine all’osservazione, per indifferenza verso i suoi caratteri, a volte, anche, per un certo fastidio verso la sua ingombrante eredità.

Le fotografie sono state riprese in grande formato con negativi bianco/nero, operando con apparecchiature professionali analogiche. Le stampe sono state realizzate su cartoncino baritato secondo le metodologie accettate nel campo della fotografia fine-art e del collezionismo.

 


Floriano Menapace, fondatore dell’Archivio Fotografico Storico della Provincia Autonoma di Trento, è studioso di storia e critica della fotografia. Dal 1968 è attivo fotografo in bianco/nero. Nel 1979 si laurea in storia della fotografia con Italo Zannier. Dal 1996 si occupa esclusivamente di documentazione e interpretazione del territorio – www.florianomenapacephoto.com