Le scelte infrastrutturali messe in campo per la creazione di energia idroelettrica, scontano sempre – con un dibattito rimasto sempre aperto – un forte impatto ambientale sui territori in cui si realizzano.
A cambiare, infatti, insieme alla morfologia dei luoghi dove si realizzano queste opere, è anche la percezione “storica” e “sociale” dei territori. E per rendersene conto, è sufficiente confrontare alcune vecchie immagini, di un medesimo luogo, per scoprire com’era esso un tempo e di come si sia trasformato dopo la realizzazione delle grandi opere idroelettriche.
L’indagine fotografica qui proposta, ha cercato di privilegiare una lettura complementare e necessariamente dialettica delle due diverse coordinate che si possono percepire osservando questi grandi bacini artificiali. Da un lato, attraverso alcune peculiari inquadrature, rendere evidente, con la loro irreversibile enigmaticità, l’impatto di queste imponenti strutture sul territorio; dall’altro, testimoniare come la presenza di queste grandi masse d’acqua possa rappresentare comunque un’opportunità economica e turistica con cui valorizzare un mutato habitat antropico (nel caso della diga di Malga Bissina, i giganteschi contrafforti del bacino sono stati sfruttati per creare delle spettacolari, ed impegnative, palestre di roccia artificiale utilizzate anche per competizioni internazionali). Non meno importante, è l’osservare che alcuni laghi artificiali, a prescindere dal beffardo “muro” che li sbaraglia , rappresentano porzioni di paesaggio di una bellezza talvolta incantevole.
Per questa ragione, le immagini dei luoghi oggetti di questo racconto fotografico, come il Lago Careser, il Lago di Malga Bissina, quello di Malga Boazzo, il Lago di Bedollo, quello di Santa Massenza e della Fedaia, cercano di offrire la duplicità di una visione dialettica: la bellezza e la suggestione dei luoghi, e la “presenza”, necessaria, degli artefatti creati dall’uomo.
La conclusione, semmai ve ne possa essere una, è che le “necessità esistenziali” legate all’indispensabile approvvigionamento di energia devono necessariamente coniugarsi con una politica d’impatto territoriale che, per quanto ambiziosa, sia in grado di vincere la scommessa con il territorio su cui si realizza: insediare, senza “disintegrare”, il senso di identità di una comunità, ovvero, per quanto possa sembrare paradossale, divenire una cerniera di sviluppo e un’opportunità, concertata, per le popolazioni autoctone interessate da questi interventi.