di Stefano Albergoni
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Anche Ambiente Trentino ha sottoscritto l’appello della società civile trentina, presentato nei giorni scorsi a Trento, per riavvicinare nel dopo Vaia la comunità alla gestione responsabile del patrimonio forestale. Il documento “Un green deal per le foreste dolomitiche” si caratterizza anzitutto come un inedito gioco di squadra tra soggetti che rappresentano trasversalmente e a vario titolo la società trentina, dall’associazione industriali al sindacato, passando per associazioni ambientaliste, istituzioni della cultura, produttori agricoli.
Un fatto inedito, dicevamo, motivato dal fatto che sul nostro territorio Vaia ha drammaticamente dimostrato cosa può succedere quando, a livello globale, si superano i limiti dello sviluppo e di sopportabilità della biosfera. “La nostra generazione – è scritto nel documento – è chiamata ad assumersi delle precise responsabilità per abbassare gli attuali livelli di consumo, contenere le devastanti emissioni di CO2 e mettere in campo le migliori azioni volte ai cambiamenti di paradigma quali l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, un sistema della mobilità non invasivo ed inquinante, un modello produttivo, agricolo e turistico sostenibili”.
A fatti straordinari che ci interrogano, risposte straordinarie. Ma cosa significa per il nostro territorio? Quali dovrebbero essere le linee guida di politiche improntate seriamente alla sostenibilità in riferimento al patrimonio boschivo provinciale? Anzitutto, i firmatari dell’appello invocano un patto per il rilancio della filiera del legno e la messa in sicurezza della montagna, con interventi sul tessuto forestale compromesso da Vaia non solo a livello naturalistico, in una logica di protezione e differenziazione paesaggistica, ma anche a livello economico e occupazionale, con nuove iniziative pubbliche e private mirate alla sostenibilità e all’integrazione fra i settori. Si fa riferimento al PNNR nazionale, al PSR provinciale e a tutte le risorse individuabili grazie alla collaborazione fra società civile e istituzioni.

Il rilancio della filiera del legno può avvenire attraverso nuove politiche di intervento pubblico, “con il rafforzamento dei servizi forestali e di vigilanza boschiva, l’assunzione di nuovi lavoratori e lavoratrici, la valorizzazione di nuovi profili professionali legati alla rigenerazione delle foreste nonché il rilancio della ricerca e della formazione”. Le nuove azioni di rimboschimento dovrebbero tener conto della necessità di salvaguardare la biodiversità del patrimonio forestale anche attraverso la diffusione di “specie diverse dall’abete rosso, quali il larice, il faggio, l’abete bianco e, a quote inferiori, altre latifoglie come querce, frassini, aceri, diversificando ulteriormente le formazioni”.
L’evento distruttivo Vaia può quindi rappresentare una grande occasione per una nuova pianificazione del territorio. Il documento parla di “zonazioni” atte a promuovere le migliori pratiche agro-silvo-pastorali, individuando e rafforzando nuovi ambiti di protezione, migliorando il prelievo di alberi dove necessario, recuperando alcune aree per l’agricoltura con particolare attenzione alle coltivazioni biologiche e a forme di allevamento coerenti con il modello alpino. Il bosco rappresenta anche una grande attrazione turistica, un patrimonio naturalistico e storico all’interno del quale promuovere attività motorie rilassanti, benefiche e salutari. In questo quadro, il bosco rappresenta un giacimento prezioso per un modello turistico orientato alla responsabilità e alla sostenibilità.
Infine, con questa proposta di patto per le foreste dolomitiche si vuole indicare anche l’urgenza di un metodo governo più partecipato, dove le rappresentanze della società civile possano avviare momenti di approfondimento e di proposta in Trentino e nelle altre regioni dolomitiche, attivando e coinvolgendo i soggetti della filiera del legno (associazioni di categoria, ASUC, Comuni, Provincia autonoma, enti di sviluppo e ricerca, altre amministrazioni regionali) per fare delle foreste un luogo attivo di sperimentazione e proposta di un modello di autogoverno del territorio e di sviluppo virtuoso e sostenibile, che guardi al futuro delle nuove generazioni.
In fondo, gli usi civici dolomitici avevano già individuato nei secoli scorsi una solida strada per la corretta gestione del patrimonio boschivo, a beneficio di tutta la comunità. Oggi, nel 2022, a crisi climatica avviata, dovremmo guardare a quel modello trovando il modo di adattarlo rapidamente ai nostri tempi.
(Foto iniziale di Aldo Martina)