L’enigma di Piazza Duomo a Trento
piazza duomo trento dall'alto

di Alessandro Franceschini

Le città, tutte le città, sono il frutto di una continua stratificazione di segni costruiti da una comunità su un dato naturale. Questo vale anche per la città di Trento, un insediamento nato per fondazione romana laddove una fortuita articolazione geografica di un territorio creava un felice punto di connessione tra la Valle dell’Adige (e quindi l’alta valle Atesina), la Valsugana (e quindi il Bassanese) e le Valli Giudicarie (e quindi il Bresciano). Un punto di controllo ottimale, un avamposto perfetto per l’Impero romano allora in forte espansione territoriale, collocato ai piedi delle Alpi. In quella fondazione “mitica”, avvenuta intorno al I secolo a.C., la città prese le forme di un insediamento fortificato quadrato, collocato tra le anse del fiume Adige e quelle del torrente Fersina. E nei duemila anni che ci separano da quegli eventi, la città è cresciuta enormemente, stratificando il lavoro architettonico ed urbanistico delle civiltà che secolo dopo secolo hanno abitato questo tratto della Valle dell’Adige.

Ci sono luoghi che, meglio di altri, sono emblematici per raccontare le sequenza di questa storia e si mostrano agli occhi dell’osservatore attento come un vero e proprio deposito di memorie. Piazza Duomo a Trento può essere considerato uno di questi luoghi.

Originariamente collocata all’esterno della città, stretto tra il corso del Fersina ed il sistema difensivo urbano, il sito ha iniziato a diventare strategico dopo il Mille, quando la città romana ha cominciato ad espandersi oltre il suo assetto originario, configurandosi come un nucleo urbano a foggia di cuore addossato all’Adige, assumendo quell’immagine che l’accompagnerà fino alla fine dell’Ottocento. Il questa inedita configurazione il luogo oggi occupato dal Piazza Duomo viene a trovarsi al centro del nuovo organismo urbano, diventando ben presto il perno sociale ed identitario di tutto un sistema civile e religioso. Sul sedime dell’antica chiesa cimiteriale verrà eretta, e poi più volte ampliata, la chiesa vescovile. Al suo lato troverà ben presto posto il palazzo pretorio, importante architettura rinascimentale, restaurata secondo stilemi neoromanici durante il XX secolo. A settentrione della piazza, il tessuto urbano prenderà progressivamente forma, consolidando l’ingresso alla via urbana per definizione – l’attuale via Belenzani – e coprendosi progressivamente di facciate affrescate con motivi laici e sacri, mitici e simbolici, alcuni dei quali sono arrivati fino ai giorni nostri.

E ancora: sul sedime della vecchia porta romana – la «porta Veronensis», le cui vestigia sono ancora visitabili nel sottosuolo – verrà «innestata», nell’Alto Medioevo, una torre, che in tre successive edificazioni, diverrà l’attuale Torre Civica, per secoli il carcere della città, ed oggi orgoglioso simbolo laico che dialoga son il vicino campanile con cuspide a cipolla della Cattedrale di San Vigilio. Al centro della piazza, da metà Settecento, insiste la Fontana del Nettuno, curioso simbolo “marino” in una città alpina, fatto di pietra ammonitica rossa e bianca e che idealmente interrompe la continuità visiva che da Via Belenzani univa l’ingresso laterale, vescovile, del Duomo. Ecco che in questo veloce e disordinato elenco di manufatti costruiti in epoche diversi, da mani diverse, per usi diversi si delinea quel sistema urbano apparentemente unitario che oggi conosciamo ed ammiriamo in Piazza Duomo. Segni architettonici che ci raccontano, come finestre nella storia, brani del passato di questa città. Paesaggi capaci di svelare l’identità di civiltà che, nei secoli, hanno condiviso lo stesso spazio ambientale. Enigmi a cielo aperto che ci spiegano il percorso di un popolo e che, nella loro fissità, ci interrogano su quello che saremo, su quello che dobbiamo ancora a costruire.