Quando climate change vuol dire Trentino

di Anna Sustersic

 

L’Intergovernal Panel of Climate Change presenta solide e innegabili evidenze: livello del mare aumentato di oltre 10 centimetri nell’ultimo secolo e temperature cresciute; immense distese glaciali, quelle di Antartide e Groenlandia, che hanno perso centinaia di chilometri cubi solo nell’ultimo decennio. Ghiacciai in ritirata, aumento degli eventi estremi e acidità della superficie oceanica, aumentata del 30%.

Siamo in mezzo a un processo di cambiamento che, nei prossimi decenni, ci richiederà uno sforzo di adattamento mai sperimentato prima nella storia dell’uomo. Eppure la nostra percezione delle conseguenze sembra essere ancora inadeguata alla magnitudine del fenomeno. Sarà per abitudine a relegare il fenomeno ai lontani continenti di ghiaccio, all’altro capo del Mondo? Eppure le conseguenze sono già evidenti anche fuori dalla nostra finestra. Cosa significa Climate Change in Trentino?

Stafano Marcon_Marmolada 2012
Foto di Stefano Marcon

 

Se a raccontare il riscaldamento globale fossero animali, piante e ghiacciai del nostro territorio, avrebbero di che parlare. Specie alloctone in arrivo, affezionati endemici che rischiano di sparire, migrazioni, competizioni e lotta al più adattabile. “Anche se al momento il cambiamento non è così evidente – spiega Costantino Bonomi, responsabile della sezione botanica del MUSE – la copertura vegetale delle nostre montagne sta cambiando. Le piante si spostano, in risposta al riscaldamento salendo con velocità di migrazione che possono raggiungere valori medi compresi fra i 2 e i 10 metri, di variazione di quota, all’anno. Piante di bassa quota a crescita rapida e di grandi dimensioni, iniziano pian piano a migrare verso il regno degli specialisti d’alta quota, sfavoriti nel confronto con i competitori, dai loro adattamenti alla rigidità del clima d’altura: crescita lenta e dimensioni ridotte”. Fisiologia e adattamenti specifici all’alta quota, che hanno fatto la fortuna degli specialisti delle alture, rischiano di diventare il tallone d’Achille che in alcuni casi comporterà uscite di scena definitive. A rischio alcune specie endemiche, spiega Costantino, come il Ranuncolo Bianco, privilegio vegetale unico del Monte Baldo “ha semi molto grossi, sprovvisti di appendici per poter approfittare di animali con pelo o piume da usare come messi di dispersione. Questa specie ha una capacità di diffondersi molto ridotta, si trova su una montagna isolata ed è quindi difficile che si muova o migri a latitudini più settentrionali o in zone più interne e fredde”.

Un cambiamento nei tempi di maturazione delle essenze vegetali, spiega Andrea Mustoni, responsabile dell’Ufficio faunistico del Parco Adamello Brenta, si ripercuote anche sulla fauna: “i piccoli di stambecco nascono a metà giugno, in concomitanza con il picco di potere nutritivo dei germogli di particolari essenze vegetali. Se la germogliatura anticipa, i piccoli rischiano di rimanere privi di una dieta completa, fatto questo, a cui forse può essere correlato un aumento della mortalità l’inverno successivo”.

Specie come il gallo cedrone o lo stambecco, “relitti glaciali”, arrivate cioè sulle Alpi con le ultime glaciazioni e maggiormente adattate a situazioni climatiche fredde, sono le più sensibili alla variazione. “Le arene di canto del gallo cedrone si stanno alzando di quota, come anche l’area di distribuzione della pernice bianca, il tetraonide che più soffre di queste situazioni climatiche in evoluzione”.

Gallo cedrone
Foto di Michele Menegon

 

Eppure ripensando all’ultimo inverno così generoso di precipitazioni, il riscaldamento è difficile da immaginare. “Che non ci ingannino le ultime abbondanti nevicate!” avverte Christian Casarotto, glaciologo del Comitato Glaciologico Trentino della SAT e presso il Muse “si è trattato di un evento un po’ particolare ma se si guarda il grafico della variazione dei ghiacciai dal 1900 a oggi la situazione descrive, inevitabilmente, un aumento delle temperature estive e una diminuzione delle nevicate invernali. I picchi positivi inseriti da madre natura sono un ‘capriccio’ che non si verifica con regolarità”.

Per avere un quadro locale più preciso, stando alle previsioni del modello più accettato, entro il 2100 le temperature dovrebbero aumentare di 3 gradi circa, spiega Christian, portando a una riduzione delle masse glaciali dell’80% che, tradotto in ‘linguaggio trentino’, significa “la scomparsa di tutti i più piccoli ghiacciai dolomitici, ad eccezione i quelli più estesi, confinati nel gruppo dell’Adamello e del Cevedale”.

La scomparsa dei ghiacci ha un significato, per il territorio, ben più complesso del solo sconvolgimento paesaggistico: “si parla di dissesto idrogeologico, con versanti che vanno in movimento, e di disponibilità idrica; le masse glaciali nel territorio dolomitico garantiscono la presenza di acqua a livello di falda, una risorsa idrica potabile e irrigua che verrà a mancare. Quello della captazione è un problema che già sta emergendo in alcuni rifugi dolomitici che, spariti ghiaccio e neve, non hanno dove reperire l’acqua”. Ma anche i periodi di frequentazione della montagna subiranno, come conseguenza, una variazione e il rischio è che alla contrazione nivale, faccia eco anche quella economica. Alcuni rifugi, strategici per la salita ai ghiacciai, già risentono dei cambiamenti. “Negli ultimi 20 anni, infatti, le condizioni di sicurezza estive di alcuni ghiacciai sono venute meno, con conseguente riduzione delle visite degli alpinisti ai rifugi. Non solo ma in alcuni casi le modifiche del ghiacciaio, come le fratture create sotto il rifugio ai caduti dell’Adamello, imporranno di ripensare tanto ai periodi quanto ai percorsi di fruizione”.

Cinzia Frisanco_Vedetta del Mandrone2012
Foto di Cinzia Frisanco

 

Profonde variazioni ambientali che si rifletteranno sull’economia, la disponibilità idrica, il turismo, la sicurezza e il dissesto idrogeologico del territorio. Siamo una delle specie più adattabili alle sfide imposte dalla natura, siamo pronti anche a questa?


Fonti:
http://www.ipcc.ch
http://climate.nasa.gov/evidence/
http://www.climate.org/topics/sea-level/index.html