Il Museo Retico di Sanzeno, progettato dall’architetto Sergio Giovanazzi e inaugurato ufficialmente nel 2008, sorge a nord dell’abitato di Sanzeno, in località “Casalini”, dove nel corso dello scorso secolo furono effettuate scoperte di grande valore archeologico.
di Alessandro Branz
Il museo è dedicato in modo specifico alla civiltà dei Reti, popolazione di agricoltori ed artigiani vissuta dal VI al I secolo circa a.C. in una vasta area alpina, corrispondente all’attuale Trentino-Alto Adige, al Tirolo fino alla valle dell’Inn, all’Engadina svizzera ed in parte alle prealpi venete. Tale denominazione in realtà è stata attribuita a queste popolazioni da scrittori greci e latini, che non parlavano dei Reti come di un unico popolo, ma di vari gruppi riconducibili ad una comune appartenenza etnico-culturale. In tal senso appare più corretto e scientifico adottare il termine cultura Fritzens-Sanzeno, dal momento che nelle due località sono stati rinvenuti reperti molto simili (come una serie di ciotole in ceramica), che inducono ad ipotizzare una stretta relazione fra le due aree geografiche.
Possiamo dire che i Reti confinavano a nord con la variegata e bellicosa stirpe dei Celti ed a sud con gli Etruschi, che in quel periodo raggiunsero la loro massima espansione nell’Italia settentrionale e con i quali i Reti intessero relazioni proficue sia dal punto di vista commerciale che culturale: lo stesso alfabeto retico e la direzione conferita alla scrittura (da destra a sinistra) pare derivino da quello etrusco. La civiltà retica si protrasse fino alle campagne militari di Tiberio e Druso che nel 15 a.C. portarono le Alpi occidentali sotto il dominio di Roma.
Peraltro l’importanza scientifica e didattica del Museo non è legata solo all’illustrazione delle vicende storiche e della vita quotidiana dei Reti, ma al fatto che al suo interno viene ricostruita in modo chiaro ed esauriente (attraverso l’esposizione di reperti, ma anche grazie all’uso di moderni strumenti multimediali) una storia plurisecolare che va dai primi insediamenti umani in Valle di Non sino all’apparire delle popolazioni barbare in epoca altomedievale.
L’architettura sobria dell’esterno, che richiama alla memoria un antico villaggio, inserendosi in tal modo nella morfologia del territorio circostante, induce il visitatore a spingersi all’interno della struttura, ove potrà avventurarsi in un lungo e suggestivo percorso di corridoi che gli permetteranno di risalire lungo la storia plurisecolare delle genti anauni. A partire dal punto più basso del Museo (il “pozzo del tempo”) è possibile dapprima conoscere le origini geologiche del territorio e soffermarsi sui primi ritrovamenti preistorici effettuati in valle (particolarmente significativa la statua a “stele” in marmo di Revò risalente al III millennio a.C., che si presume ritragga una figura di fanciullo), per poi affacciarsi in prossimità del secondo corridoio sulla civiltà retica e soffermarsi quindi sulle caratteristiche economiche e culturali di quella popolazione, con particolare riferimento agli strumenti di lavoro in ferro (che assomigliano in modo impressionante agli attuali), ai c.d. “bronzetti votivi” (creazioni originali di un artigianato già notevolmente sviluppato), alle ciotole in ceramica Fritzens-Sanzeno già richiamate, nonché alle situle in bronzo, recipienti di particolare pregio, intarsiati in modo tale da potervi riconoscere scene di caccia o cerimonie di natura religiosa. In questo settore l’esposizione di un numero considerevole di reperti si accompagna a giochi multimediali che consentono al visitatore di scoprire, ad esempio, come veniva costruita una casa in epoca retica o di formulare il proprio nome usando i vocaboli di quell’alfabeto.

Il successivo passaggio all’età romana è simboleggiato -all’inizio del terzo corridoio- da una copia della famosa “Tabula Clesiana” (l’originale è conservato a Trento), riportante l’editto con cui l’imperatore Claudio concesse nel 46 d.C. la cittadinanza agli anauni, che dimostra come la “romanizzazione” non si identificò soltanto nelle cosiddette “guerre retiche”, ma fu anche un processo non cruento d’integrazione economico-sociale. In questo corridoio è possibile poi ammirare alcune tombe di epoca romana, che costituiscono una fonte interessante di informazione sull’importanza del culto dei morti in quell’età.
Infine, il quarto corridoio si sofferma sull’emergere accanto alle divinità locali di culti tipicamente romani, anche di origine orientale, introducendo con ciò l’età successiva che culmina nell’evangelizzazione dei tre Martiri Anauniesi (trucidati nel 397 d.C.), con un evidente e suggestivo collegamento con la vicina Basilica che si erge in tutto il suo splendore artistico e la sua importanza storica a sud dell’abitato di Sanzeno. L’arrivo delle popolazioni barbariche, il richiamo al Santuario di S. Romedio di epoca medievale e soprattutto la vista del monte Ozolo, considerato sacro dai Reti, concludono un percorso ricco di testimonianze e suggestioni, che evidentemente non si limita ad un particolare periodo storico, ma attraversa numerosi secoli e molteplici testimonianze del passato.
Il Museo è anche luogo di ricerca e sperimentazione, nonché centro di diffusione della conoscenza dell’archeologia e laboratorio, assolvendo con ciò ad un importante ruolo didattico, testimoniato dall’attenzione che gli istituti scolastici riservano alla storia più antica. Esso inoltre si concilia perfettamente con le altre realtà storico-artistiche già esistenti sul territorio comunale di Sanzeno, inserendosi in tal modo in un circuito storico-culturale fra i più suggestivi del Trentino.